Il libro di Loto

Oggi vi presento il libro di Francesca Panarotto (Giovanelli edizioni) che ho letto con piacere alla mia bimba seienne, nonostante il libro sia adatto per bambini un po' più grandi, direi dai 9/10 anni. Piacevole anche per gli adulti, Il libro di Loto affronta tante tematiche attuali che, a partire dalla pubertà e preadolescenza, "tormentano" i ragazzini.


Amicizia, studio, conflitti con i genitori, religione, pensieri esistenziali sulla vita.

Un libro che, quindi, sicuramente riproporrò a mia figlia, tra qualche anno, quando avrà piacere di leggere da sola e si ritroverà, come è giusto che sia, in tante delle situazioni raccontate dalla protagonista decenne che, con linguaggio fluido e a tratti divertente, racconta la sua vita tra scuola, famiglia e amicizia.



La storia contiene anche tanta spiritualità e messaggi positivi sulla vita e su come andrebbe vissuta. 

Il titolo, che potrebbe sembrare senza significato in prima battuta, acquista un senso attraverso i racconti di Amaranta, la protagonista, che mette al centro della sua vita l'albero del caco (chiamato anche Loto del Giappone o albero delle sette virtù) piantato dal bisnonno nel cortile di casa e che è stato sempre presente in tutti  i momenti importanti della vita della ragazzina. È come se l'albero rappresentasse la vita stessa di Amaranta che affida a lui ogni suo pensiero e preoccupazione. 

Ma andiamo con ordine.
La storia apparentemente è molto semplice perché parla di una storia di amicizia tra Amaranta e una bambina marocchina, Islam, che si trasferisce con la madre (che fa la badante) a casa dell'anziana vicina di casa di Amaranta. Il cortile è in comune quindi le bambine si ritrovano presto insieme, come anche a scuola.
C'è solo un piccolo particolare: Islam non parla, anzi, non vuole parlare e, solo alla fine, si scoprirà il perché. Amaranta, quindi, snocciola le sue idee e preoccupazioni, la sua voglia di diventare amica di una ragazzina così particolare e bravissima a scuola, nonostante il silenzio, e scoprire tutto di lei, della sua vita passata, della sua cultura. Amaranta non si perde d'animo e, imperterrita, continua a stare vicino alla nuova e strana amica marocchina che gran parte dei compagni di scuola non capisce e prende in giro. Alla fine riesce nel suo intento e scopre che il cuore di Islam contiene tante paure e storie tristi esattamente quanto le sue. 


La mancanza del padre.

Le due bambine, che tra le lacrime si confidano paure e speranze, come se si conoscessero da sempre, riescono a trovare nell'amicizia il sostegno di cui hanno bisogno.

"In fondo tutti hanno la loro dose di iella, chi poca e chi tanta. La vita è quella che è. Fai prima ad accettarla e a godertela che non a passare il tempo a farci la lotta".

Inoltre è bellissimo, come vi dicevo prima, il lato spirituale che emerge tra i discorsi delle due bambine, sul cristianesimo e l'islamismo.

"Siamo giunte alla conclusione che di qualsiasi religione una persona sia o non sia, quello che conta è sapere scegliere la cosa giusta, cioè un'azione buona piuttosto che una malvagia."

Per Amaranta è terapeutica la presenza del suo albero caco attraverso cui rende grazie.

"Io ringrazio l'universo, lei forse Allah e magari pensa che io ringrazi Dio o viceversa. Non credo sia importante. L'importante è imparare a rendere grazie per le meraviglie che abbiamo. Dopo averlo fatto mi sento sempre meglio, mi sento fortunata, piena di entusiasmo e di voglia che arrivi la mattina seguente per svegliarmi."

Bellissime anche le riflessioni e considerazioni di Amaranta sulle fragilità dei genitori e sulle scelte che, ovviamente, a 10 anni non vengono capite, come l'assenza della TV in casa o l'essere vegetariani.

Un bel libro, dunque, anche per gli adulti;-)

Vivy 

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