Arrivano i 40: ecco come li accolgo

Post di Vivy

Con i capelli freschi di meches
Con le unghie delle mani fuxia e oro
Col bicipite (Ahaha come dice Marco)
Con un sorriso e una pernacchia perché, cari 40, a me MI fate un baffo!



OHHHH eccoli arrivati, quindi. 
L’anno scorso, nel condividere la meraviglia del mio ultimo compleanno col trenta, pensavo sarebbe stato peggio accettare questa nuova età che, si sa, rappresenta il fulcro di tante cose, un traguardo che tutto sommato, oggi, non reputo tanto male.

Ora che ho raggiunto i fatidici 40, riavvolgo un attimo il nastro per rivedere velocemente le mie tappe, i risultati, le persone che hanno contribuito a farmi arrivare fino a qui e, ancora una volta, l’unica parola che mi viene in mente è GRAZIE (l'anno scorso scrissi: Evviva, allora, i compleanni che si raccontano con bellezza e gratitudine - giuro che l'ho letto dopo aver scritto questo post, ovviamente non ricordavo più nulla!).


Non saprei/potrei dire altro. Chi mi ama e conosce sa perché. 

Ho qualche ruga in più (eh si, mi vedo più vecchia), le occhiaie perenni e qualche brufolo ogni tanto, ma ho ancora tanto da fare e da dare. Non mi fermo e non saranno di certo i 40 ad arrestare il mio sorriso, il mio entusiasmo, la mia speranza, i miei obiettivi, la mia disponibilità, la mia emozione e lacrime anche per le piccole cose, la mia energia e caparbietà, il mio essere moglie e madre in senso assoluto, il mio essere figlia grata e riconoscente.
Potrei sicuramente essere tanto di più e di meglio, ma non vorrei essere diversa da così.

E...siccome lo avevo promesso, festeggerò i 40 dove in questo momento il sole non tramonta (quasi) mai: Stoccolma arriviamo!

Infine, ci tengo a condividere, in mezzo a tutta questa modernità, un passo "classico" che mi è giunto come augurio da chi mi ama in modo incondizionato e infinito, tenendomi stretta al cuore nonostante la lontananza.


Dalla mia mamma:

Seneca, De brevitate vitae , capitoli 1-2

1 La maggior parte degli uomini si lamenta della malvagità della natura, poiché siamo generati per poco tempo, perché questi lassi di tempo dati a noi scorrono via, tanto rapidamente tanto velocemente (a tal punto) che, fatta eccezione per pochissimi, la vita abbandona gli altri nella stessa preparazione della vita. Né, come si crede, soltanto la massa e il volgo dissennato si lamenta di questo male comune; questo stato d’animo ha evocato le lamentele anche di uomini celebri. Di lì deriva quella esclamazione del più grande tra i medici: “La vita è breve, l’arte è lunga”. Di lì l’accusa, niente affatto conveniente a un uomo saggio, di Aristotele che si lamenta con la natura: “Quella ha concesso tanto tempo agli animali da farli vivere cinque o dieci generazioni, all’uomo generato per molte e grandi cose, ha concesso di vivere per un tempo tanto più breve”. Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perso molto. La vita è abbastanza lunga e ci è stata data in abbondanza per il compimento di grandissime imprese se fosse impiegata tutta bene; ma quando scorre nel lusso e nella trascuratezza, quando non è spesa per nessuna buona attività, spingendo infine l’estrema necessità, capiamo che è passata quella che non abbiamo capito che stava passando. È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa tale, né siamo privi di essa, ma prodighi. Come ricchezze ampie e regali, quando sono giunte a un cattivo padrone sono sperperate in un momento ma, sebbene modeste, se sono state affidate a un buon amministratore aumentano con l’uso: così la nostra vita si estende molto per chi la gestisce bene.

2 Perché ci lamentiamo della natura delle cose? Essa si è comportata in maniera benevola: la vita è lunga, se sai farne uso. C’è chi è preso da insaziabile avidità, chi dalle vuote occupazioni di una frenetica attività; uno è fradicio di vino, un altro languisce nell’inerzia; uno è stressato da un’ambizione sempre dipendente dai giudizi altrui, un altro è sballottato per tutte le terre da un’avventata bramosia del commercio, per tutti i mari dal miraggio del guadagno; alcuni tortura la smania della guerra, vogliosi di creare pericoli agli altri o preoccupati dei propri; vi sono altri che logora l’ingrato servilismo dei potenti in una volontaria schiavitù; molti sono prigionieri della brama dell’altrui bellezza o della cura della propria; la maggior parte, che non ha riferimenti stabili, viene sospinta a mutar parere da una leggerezza volubile ed instabile e scontenta di sé; a certuni non piace nulla a cui drizzar la rotta, ma vengono sorpresi dal destino intorpiditi e neghittosi, sicché non ho alcun dubbio che sia vero ciò che vien detto, sotto forma di oracolo, nel più grande dei poeti: “Piccola è la porzione di vita che viviamo”. Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo.

Vivy
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